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Le origini

  Pochissimi sanno che fino al 1947 queste terre sono state per 21 secoli prima romane, poi venete e poi italiane, che nel secolo austriaco la lingua e la cultura sono state solo italiane e che tale era la grande maggioranza della popolazione che, all'avvento della Jugoslavia, ha scelto di restare italiana, offrendo alla Patria il grande sagrificio dell'esodo per affermare la sua italianità nell'unico modo forte che le era consentito.
Nessuno sa che i pochissimi rimasti che si sono fermamente dichiarati italiani hanno dovuto affrontare angherie e ostilità di ogni genere. Nessuno ricorda i tanti istriani, fiumani e dalmati che hanno combattuto e sono morti per la Patria italiana nelle due grandi guerre.

  La Dalmazia fino al 1797 è stata prima romana e poi veneta e fino al 1918 la sua cultura è stata sempre latino - veneto - italiana. Questo nessuno lo sà: la Dalmazia è conosciuta, con grossolano errore, come terra slava. Nessuno ricorda i tanti dalmati che, volontari, hanno combattuto e sono morti nella grande guerra per l'italianità della Dalmazia

Il centro pulsante della vita dell'arcipelago è sorto in fondo allo stretto vallone al riparo della bora, con le viuzze e le case arrampicate sulle colline circostanti. Il mare, un richiamo irresistibile, una porta che si apriva sul mondo e i coraggiosi e intraprendenti lussignani iniziarono verso la fine del XVIII secolo la loro avvincente avventura. Sorsero squeri, cantieri navali, la Scuola nautica, l'osservatorio meteorologico e quello astronomico. I velieri degli armatori lussignani solcheranno gli oceani. Verso la fine del XIX secolo ha inizio a Lussino l'era del turismo. Dapprima un turismo d'élite, specie per l'alta società e per gli Asburgo. La bellezza naturale dell'ambiente, la dolcezza del clima, le ombrose pinete che lungo la costa offrono riparo dalle calure estive, l'aria balsamica fanno diventare questa località una stazione climatica d'importanza internazionale. Già nel 1866 si costituisce la Società turistica locale e sorge l'Istituto per la cura delle vie respiratorie. Il primo albergo, il Vindabona s'inaugura nel 1887. Ville lussuose come l'Adelma e la Carolina sorgono nelle zone più attraenti. Si cura particolarmente la già ricca vegetazione piantando pini e altre piante esotiche.
Oggi Lussinpiccolo, ricco della sua tradizione, è diventata una vivace cittadina dove si alternano spettacoli teatrali, mostre d'arte, concerti di musica classica e folk.
Alberghi di varie categorie, rinomati ristoranti, pizzerie, boutiques, varie agenzie turistiche s'impegnano di soddisfare al meglio tutte le esigenze degli ospiti.

Le origini di Lussinpiccolo ci riportano al XII secolo quando sull'isola di Lussino giunsero 12 famiglie croate che si stabilirono nella baia di San Martino. Questi primi abitanti, allevatori e agricoltori, si dedicarono naturalmente alla pesca, alla marineria e alla costruzione navale insediandosi anche in altri centri lungo le coste isolane.
Su Lussino è corsa la storia scritta dal passaggio e dalla conquista da parte di Roma, della Serenissima, di Napoleone, dell'Italia. Alla fine del secondo conflitto mondiale il territorio diviene croato.

Nei più antichi paesi delle isole (Lubenice, Ossero, Beli) si conservano le maggiori tracce di questa storia di oltre 4000 anni. Ossero già nel IX secolo era il centro diocesano.
Il mare fu vita e porta sul mondo per i lussignani, intraprendenti e coraggiosi, che iniziarono alla fine del XVIII secolo a conoscere gli anni migliori.
Nacquero cantieri navali, squeri, scuola nautica e osservatori astronomico e metereologico, mentre i velieri di Lussino solcarono gli oceani, guidati da valenti marinai. Gli armatori lussignani erano proprietari nel 1879 di 170 grandi mercantili e velieri e
Lussino era all'epoca il secondo porto sull'Adriatico dopo Trieste per le tonnellate registrate mentre i suoi marinai erano ormai considerati i migliori del Mediterraneo.
Con il passaggio  alle navi a vapore, il destino dei velieri era ormai segnato così come la vita di Lussino, ma stava per aprirsi una nuova pagina legata alla particolare salubrità climatica dell'isola

La nuova storia di Lussino inizia alla fine del XIX secolo con il turismo d'élite costituito dall'alta società, soprattutto asburgica.
Viene  proclamato, nel  lontano 1892, luogo di cura climatico (particolarmente per le malattie respiratorie e allergie), con decreto del Ministero della sanità della monarchia Austro-ungarica.
L'isola diviene così una stazione climatica d'importanza internazionale per la dolcezza del clima e l'aria balsamica, connubio di ombrose pinete e brezza marina.
Nel 1866 nasce la società turistica e l'istituto per la cura delle vie respiratorie. Sorgono il primo albergo, il Vindabona (nome romano della città di Vienna) nel 1887, e lussuose ville nelle baie più suggestive come quella di Cikat.
La ricca vegetazione viene ulteriormente arricchita con pini d'Aleppo e piante esotiche.
In tutto l'arcipelago di Cherso-Lussino esistono circa 1500 specie vegetali, un numero superiore a quello delle specie esistenti nelle isole britanniche.
Di queste, 939 sono autoctone e 230 sono considerate erbe medicinali
La pineta di Cikat è stata piantata verso la fine del XIX sec. dal professore Ambroz Haracic, del  celebre Istituto nautico di Lussino. 80 specie di piante esotiche sono state importate da capitani e marinai lussignani che le hanno piantate nei giardini delle proprie case.
Sull'isola si trovano piante che solitamente appartengono alla flora della Dalmazia meridionale o della Sicilia come le agavi, cactus messicani, palme, magnolie, pistacchio, mirto, mimosa, fichi d'india, limoni, arance e mandarini (importati dal Vietnam a Palermo ed in seguito a Lussino)
Un grande lago d'acqua dolce, il Vrana (con un'area 5 km2 e una profondità di 74 m ) fornisce l' acqua potabile a tutti i paesi dell' isola. Si tratta di un fenomeno naturale unico. Nonostante le ripetute ricerche scientifiche nessuno è stato in grado di spiegare come tanta acqua possa trovarsi in un'area arida di conformazione carsica.

Articolo tratto da:
LUSSINO
Foglio della Comunità di Lussinpiccolo
Storia, Cultura, Costumi, Ambiente, Attualità dell'Isola di Lussino

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Di Giuseppe Favrini
La cultura prevalente da più di cinquant'anni è contro di noi

     Vogliamo solo che la nostra Storia sia rispettata.
    Lo pretendiamo in Italia. Facciamo il possibile perchè lo sia anche a Lussino.
    In Italia però la cultura prevalente da più di cinquant'anni è contro di noi, falsifica la nostra Storia o la sottace.
    Nel 1947, alla Conferenza di Pace, il Capo del Governo Italiano, Alcide De Gasperi, non difese minimamente i confini orientali d'Italia, rimettendosi "alla comprensione dei vincitori", i quali, non volendo consultare le popolazioni interessate, dimenticando di informarsi sulle loro storia e cultura, strapparono all'Italia, dandole alla Iugoslavia, Zara e tutta la Venezia Giulia tranne Trieste, Gorizia e una piccola parte delle loro province. 
    In 350.000, su 400.000, esodammo per denunciare questa enorme ingiustizia, per proclamare la cultura nostra e dei nostri Avi da sempre latino - veneto - italiana e perchè era impossibile convivere pacificamente con i nuovi venuti.
    In Italia fummo accolti male salvo alcune importanti eccezioni, che però, sono state definite "di destra" e, "quindi", non hanno per nulla scalfito la cultura dominante.
    Ai lussignani Don Dario Chalvien e prof. Maria Rade, che gli hanno reso visita aRoma, De Gasoeri ha personalmente raccomandato di non esodare per non ridurre i rimasti a piccola minoranza.
    Dopo più di cinquant'anni, nei quali di noi si è per lo più taciuto, la posizione della cultura "dominante" non sembra migliorata. Si attinge solo o quasi alle posizioni slave.
    La commissione per il bilinguismo nel Friuli-Venezia Giulia, pochi giorni fa, ha deciso di includere Trieste fra le località bilingui, dimenticando che gli sloveni rappresentano solo il 5% della popolazione triestina e che questa è formata per due terzi da istriani che hanno tutto lasciato pur di restare italiani e di vivere ove si parla la lingua loro e dei loro Avi.
    La cultura "corretta" sembra influenzare anche istituzioni antiche e benemerite quali la Scuola Dalmata di Venezia che nella sua pubblicazione "Famiglie Dalmate" del giugno 2003 ospita un scritto ove, sia pure marginalmente, si afferma che la storia veneta della Dalmazia inizia appena dal 1420 (pag.9), perchè nei quattro secoli precedenti Venezia non esercitò la sua sovranità "totalmente e saldamente". Non si dice che le interruzioni di quella sovranità sono durate poco più di mezzo secolo su più di quattro, non si dice che vi era esclusa solo una piccola parte della Dalmazia.
    La cultura prevalente si può dire vicina a quella dell'estrema sinistra.
   
"Gerarchi, briganti neri, frofittatori, forniscono reclute alla delinquenza comune, relitti repubblichini, indesiderabili che fuggono al giusto castigo della giustizia popolare iugoslava, impauriti dall'aria di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori". Così ci descriveva "L'Unità" del 30 novembre 1946, concedendo tuttavia che fra di noi c'erano anche "italiani onesti, vittime dell'infame politica fascista, indotti a fuggire dal fantasma di un terrorismo che non esiste e che viene agitato per speculazione di parte"
    Un articolo pubblicato su "Il Manifesto" del 6 ottobre 2002, salvo un modesto "più numeroso", parifica in pratica il nostro esodo al controesodo comunista cioè ai comunisti italiani che, invitati dal loro partito e dai "Titini", si trasferirono in Iugoslavia per "costruirvi il socialismo". L'articolista dice che di noi "molto si è parlato per cinquant'anni, anche se quasi sempre per rivendicare le terre e le case abbandonate e, propagandisticamente, in chiave anticomunista e razzista. Del controesodo invece quasi nessuno ha parlato".
    Riassumendo siamo stati considerati dei quasi delinquenti o, nella migliore delle ipotesi, degli sciocchi creduloni e oggi ancora dei razzisti.
    In realtà, come già detto, di noi quasi nulla si è parlato ed è un falso definire soltanto "più numerosi" il nostro esodo rispetto al controesodo: i 2000 di quest'ultimo rispetto ai nostri 350.000 rappresentano lo 0,57%.
    Sono, è vero, opinioni di estrema sinistra. Ma è altresì vero che tali opinioni hanno influenzato in misura determinante la posizione di Degasperi nel 1947. Il citato articolo de "L'Unità" dà, più avanti, suggerimenti simili a quelli dati da De Gasperi ai nostri due Lussignani: non esodare per non ridurre i rimasti in insignificante minoranza, trattare con gli slavi per ottenere vaste autonomie linguistiche, culturali e amministrative come auspicato da Tito e da Togliatti nel loro incontro di quei mesi a Belgrado.
    Ancora oggi queste opinioni influenzano anche l'opinione di chi di sinistra non è.
    Anche le posizioni di alcuni rimasti a Lussino sembrano contare più delle nostre su alcuni fatti locali.
    Vengono definiti "disertori" e non eroi i due marinai che nel giugno del '18, improvvisati aviatori, hanno trafugato a Lussinpiccolo un idrovolante austriaco per portarlo in Italia (La "Voce del Popolo" di Fiume del 21 luglio 2003)
    Secondo un articolo pubblicato dallo stesso giornale il 29 agosto 2003 noi lussignani esuli saremmo seminatori di astio, vorremmo approfondire il solco fra esuli e rimasti solo perchè gradiremmo rimanesse segno del nostro importante contributo al restauro 2003 della Chiesetta di San Giuseppe a Lussinpiccolo, Chiesetta oggi frequentata solo dai rimasti.
    Chiudiamo queste note ribadendo che non ci spaventa affatto l'enorme forza della cultura "corretta" che domina in Italia. Riteniamo sia nostro dovere combatterla là dove va combattuta anche se si tratta di una battaglia impari.

 

 
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VEDUTA AEREA DEL GOLFO DI LUSSINPICCOLO
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  Produzione di Gabriele Vidulich
       

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Ultimo aggiornamento:
02/06/2005